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Paul Lynch, Il canto del profeta, 66thand2nd (2024)

Vincitore del Booker Prize 2023, questo romanzo dello scrittore irlandese Lynch delinea i tratti inquietanti di un governo totalitario che avanza inesorabilmente, allarga vieppiù il controllo e finisce per occupare ogni aspetto della vita pubblica e privata. È un potere impersonale, un Partito senza esponenti individuabili, quindi ancora più difficile da arginare, che agisce tramite i suoi funzionari, persone dall’aspetto comune e dai modi cortesi, e il suo braccio armato, quella polizia che interviene a sedare, reprimere, incarcerare. È un potere sostenuto dal consenso di un’ampia fetta di popolazione, anch’essa invisibile, che lo legittima a sospendere le leggi, i tribunali e i diritti e a mettere a tacere il dissenso. Mentre le aziende straniere chiudono le loro sedi, le città si svuotano e i volti si fanno pallidi e tesi nello sforzo di dissimulare, il controllo governativo si insinua ovunque, nei posti di lavoro e nelle scuole, e chi non è apertamente favorevole al nuovo regime viene prima isolato, poi eliminato.

Lo sguardo attraverso cui assistiamo a questo progressivo sconvolgimento è quello di Eilish, sposata con Larry e madre di quattro figli, il più grande in procinto di compiere 16 anni e il più piccolo di appena pochi mesi. Seguiamo la sua vita quotidiana e le aggressioni che la sua famiglia subisce per mano di una forza oscura. Larry, vicesegretario del sindacato degli insegnanti, viene chiamato a rendere conto del suo operato e sparisce all’improvviso. Non si sa dove sia e Eilish si ritrova sola con i suoi bambini, angosciata per la sorte del marito e tuttavia costretta a barcamenarsi tra le incombenze quotidiane, il lavoro, la spesa, i bucati, i figli, l’anziano padre in pieno declino cognitivo. Il desiderio di accudirlo, insieme alla speranza che Larry venga rilasciato e faccia ritorno, la trattengono dall’emigrare; e comunque i passaporti non vengono più rinnovati. Intanto i figli risentono dell’assenza del padre e del venir meno del loro mondo, reagendo con rabbia e depressione. Soprattutto Mark, il maggiore, vive schiacciato dall’incombere del servizio di leva, reso obbligatorio con effetto immediato per ogni ragazzo a partire dai 16 anni di età. Chi si sottrae viene denigrato pubblicamente, il suo nome e il suo indirizzo resi pubblici. L’angoscia di Eilish, il suo bisogno di proteggere i figli, di mantenere un lavoro dove non è più ben vista, di tenere insieme una famiglia che si sa disgregando sotto il peso degli eventi e della tensione costante sono espressi con grande forza. La scrittura trova il giusto equilibrio tra la rappresentazione del vissuto interiore di Eilish e la visione dall’esterno dei suoi gesti e movimenti, da cui traspare l’autocontrollo che la donna deve esercitare per non tradirsi e non spaventare i figli, il crescente senso di accerchiamento, ma anche la necessità di andare comunque avanti. Risucchiata dalla quotidianità, impaurita, sopraffatta dall’impotenza ma, sotto sotto, anche fiduciosa che questa situazione si risolverà da sé, Eilish fa quel che può per opporsi a un potere ormai onnipervasivo. Intanto il clima sociale continua a deteriorarsi; mentre si organizza una protesta armata clandestina, i fautori del potere attaccano apertamente i cosiddetti nemici di Stato e gli elicotteri militari riempiono i cieli, prime avvisaglie di un conflitto devastante che in un attimo travolgerà il Paese. Sempre tenendo lo sguardo fisso su Eilish, Lynch rappresenta egregiamente lo scivolamento verso una situazione sempre più opprimente, la presa sempre più salda su una società civile che cerca di mobilitarsi ma non riesce a difendersi dall’assalto alle sue libertà e poi il deragliamento improvviso verso la guerra civile, con tutto il suo corollario di terrore e penuria, morti e macerie. Asserragliata in casa con i figli, Eilish cerca di sopravvivere, nonostante la consapevolezza che, comunque andrà, niente sarà più come prima.

La distopia che viene raffigurata si fa via via più forte e cupa e non lascia indifferenti. Il dilagare inarrestabile del potere totalitario sfocia in un conflitto in cui è difficile distinguere le due parti e tutto ci ricorda quanto sia facile perdere quello che crediamo acquisito. La scrittura è raffinata e fluida, quasi priva di punteggiatura; i dialoghi sono sempre indiretti, inseriti nella trama del testo. Come molti hanno già sottolinato, per temi e stile il libro viene a collocarsi in uno spazio tra il George Orwell di 1984 e José Saramago.

Francesca